J'accuse del 18/04/14 sulle elezioni presidenziali algerine




Ancor prima che venissero pronunciate i risultati finali delle elezioni presidenziali algerine, il principale rivale del vecchio presidente Boutefelika grida ai brogli e annuncia che non riconoscerà l’esito delle elezioni, il cui esito già scontato da tempo, è andato ampiamente a favore del presidente uscente: l’81% dei voti favorevoli, su un afflusso alle urne, pari al 52% circa degli aventi diritto. Si può subito constatare la disaffezione dei cittadini verso la politica. Un afflusso così basso in uno scrutinio cosi importante, il quale deciderà la sorte del paese per altri lunghi cinque anni, denota la sfiducia della gente nelle istituzioni e in coloro che le rappresentano. Siano vere o false le affermazioni del candidato Ali Benflis, sappiamo bene come funziona la democrazia nei paesi arabi, e in particolare in quelli che hanno avuto una storia particolare e piena di conflitti e di contraddizioni come la moderna Algeria. Non mi dilungherò sulle diverse epoche storiche e sui limiti e i fallimenti della democrazia algerina.Ma vorrei però soffermarmi su un punto molto importante: ossia quello che riguarda il bilancio complessivo del presidente Boutefelika per quanto riguarda l’area del Maghreb, lasciando ai fratelli algerini d’interrogarlo sui bilanci delle sue politiche sociali, economiche seguite finora nel paese nord-africano. Ebbene sul piano delle relazioni maghrebine, l’Algeria sin dalla sua indipendenza aveva sempre mirato alla leadership regionale, rinnegando la storia e i legami di fratellanza con i popoli vicini. Essa pur avendo ereditato uno dei territori Sahariani più estesi nel nord-Africa dal governo di Parigi,che li aveva annessi con la forza, si è sempre opposta alla restituzione di tali territori, inoltre e sin dal 1975, anno dell’annessione marocchina del Sahara occidentale, sta conducendo una guerra contro per impedire al Marocco di farsi riconoscere tale annessione di un territorio che storicamente, come sentenziato dalla Corte internazionale della Haye nel lontano 1975. E’ una situazione davvero incresciosa. Non serve a nulla. Rinnegare i diritti del Marocco per difendere quelli di 200.000 mila sahraui, al quale il Marocco ha assicurato uno statuto d’autonomia, riconosciuto e protetto dall’ONU. La cosa che mi rammarica di più è che i maghrebini: algerini e marocchini, si guardano come alieni tra di loro. Le frontiere sono chiuse. Funziona solo il contrabbando della benzina, delle sigarette, degli immigrati clandestini e delle droghe che inondano il nord-est del Marocco, in un tentativo disperato del regime algerino di mettere in crisi il governo di Rabat. Ma il popolo marocchino è ben paziente e soprattutto molto cordiale e generoso, come lo è sempre stato con la vicina Algeria. I due popoli non hanno nulla da rimproverarsi: anzi hanno tutta una storia, una civiltà e soprattutto un futuro da condividere. L’atteggiamento allora deve cambiare e ahimè la rielezione di Boutefelika complica le cose. Il suo regime usa il petrolio e il gaz per arricchirsi e armarsi… E qui porrei una domanda: armarsi contro chi? Contro l’opposizione interna che ha denunziato i brogli nelle elezioni presidenziali o contro il vicino Marocco o la vicina Tunisia, o persino la nuova e fragile Libia, i quali ciascuno ha qualcosa da rimproverare e regolare con il regime algerino. Il nuovo corso che ha preso avvio con la successione al trono di Mohammed VI al padre Hassan II, ha meravigliato il mondo intero. Il giovane Re ha aperto una serie di cantieri e di riforme. Non ama parlare ma agire. Ciò che ha fatto finora nel paese lo ha fatto conquistare i cuori dei suoi cittadini. L’Algeria potrebbe imparare dal Marocco a voltare pagina e ad aprire una nuova era sia all’interno sia sul piano regionale. I maghrebini attendono questo momento da decenni e la storia non perdonerà mai coloro che rifiutano di riconoscere ai loro popoli la dignità, la libertà e la democrazia.
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