J’Accuse del giovedì 2 ottobre 2025 sulle proteste sociali in Marocco tra marginalizzazione e disuguaglianze

 

J’Accuse del giovedì 2 ottobre 2025 sulle proteste sociali in Marocco tra marginalizzazione e disuguaglianze

 



Ne abbiamo viste di rivolte e sommovimenti in Marocco. La storia ne è piena. Sin dall’indipendenza del paese avvenuta nel 1956, i primi partiti politici avevano sempre rivendicato le riforme sociali ed economiche che dessero a tutti i marocchini l’accesso all’istruzione, alla sanità e al lavoro. Alcuni di questi avevano sbandierato questi slogan per tirare a campare senza riuscire a rimuovere gli ostacoli cronici e tipici di uno ( Maksen) Stato, o che li ha alla fine assoggettati o sono loro stesso scesi a compromesso con esso, le cui dirigenze avevano riempito le loro pance ora rubando ora saccheggiando e ora abusando del potere a fini privatistici. Altri hanno passato anni di duro carceri e d’esilio  o quelli che persino diedero la loro la vita per i loro ideali come il caso clamoroso del militante internazionalista marocchino Mehdi Ben Berka, assassinato a Parigi dal Generale Oufkir.  E’ quello che abbiamo visto anche noi nella nostra bell’Italia dove il pentapartito (Democrazia Cristiana e partiti minori) avevano gestito le finanze dello stato sperperando e spendendo oltre misura le risorse del paese, creando quello che chiamiamo oggi il Debito pubblico, il terzo più grande al mondo dopo USA e Giappone. Quello che va subito notato in questa nuova rivolta è il fattore Z, ossia la generazione dei giovanissimi ventenni, cresciuti a contatto con i social media, conoscitori dei mezzi e delle tecniche di comunicazione più moderne. Non potevano non capire che il loro paese naviga nelle grandi contraddizioni. Benché il Marocco abbia fatto passi da gigante da quando Mohammed Sesto è salito sul trono del paese nel 1999, dopo la morte di suo padre Hassan secondo, la situazione sociale, economica, sanitaria è ben connotata dalle miserie, dal degrado e dalle profonde, e direi intollerabili disuguaglianze. Dalla piattaforma “Discours” si parlavano e scambiavano le loro idee sulla marginalizzazione e su un sistema educativo e sanitario non all’altezza di un paese che ambisce ad organizzare la coppa del Mondo, assieme a Spagna e Portogallo, del 2030. Non può essere tollerato da loro perché sanno che il loro futuro sarà simile a quello dei loro genitori, cresciuti tra repressione e rassegnazione, in un paese dove la borghesia e l’aristocrazia detengono che rappresentano un’esigua del 10% detengono oltre il 60% delle risorse nazionali e dove soprattutto la politica del bastone e della carota, ossia della corruzione dilagante vige in tutto il sistema, persino negli ospedali pubblici. Sono stati tutte queste questioni accumulate nel tempo, aggravate dalla negligenza e dagli impegni dello stato in altri campi, come la difesa e l’organizzazione dei grandi cantieri economici, stradali, aeroportuali, infrastrutture sportive, ad aver aperto gli occhi a questi ragazzi. La goccia che fece traboccare il vaso è dirla poco: la morte di due donne partorienti, dopo un parto cesario, nell’ospedale di Agadir, città nel sud del Marocco.  Il dibattito su questi decessi e la consapevolezza che occorre rivendicare un cambiamento di rotta nel paese che concentri l’attenzione del governo sui problemi sociali, educativi e sanitari ha spinto la gioventù marocchina alla rivolta. La domanda che si pone oggi: saprà lo stato Maksen in Marocco canalizzare questa rivolta come avevano fatto prima i passati governi o il paese crollerà nel caos? A mio modesto avviso è un momento delicato e cruciale: o si cambia rotta rispetto al passato introducendo uno stato sociale moderno e garantista per le classi bassi o ci sarà la repressione e direi il caos che non giova a nessuno.

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