J’Accuse del 31/01/2019 sulla sentenza della Corte d’Appello: Caso della morte o uccissione di Marco Vannini


J’Accuse  del 31/01/2019 sulla sentenza  della Corte d’Appello:  Caso della morte o uccissione di Marco Vannini


Scrivevo il 20 Aprile scorso su questo triste caso: “se dovesse risvegliarsi l’illuminato Giuseppe Beccaria, uno dei massimi illuministi e giuristi italiani dell’ottocento, direbbe che le pene emesse dalla giustizia italiana, in questi  tempi così difficili e così infestati da crimini orrendi, sono troppo lievi e ben lontane dalla finalità fondamentale, che egli aveva immaginato alla loro base: cioè coniugare tra il fatto di far scontare la pena e la tanto sperata e ricercata rieducazione del condannato". Ora non è la prima volta che si riscontrano delle sproporzioni tra gravità del crimine commesso e pena emessa dalla giustizia. E la cosa ancor più discutibile è che dopo qualche mese la corte d'Assise di Appello di Roma  la quale, rivalutando le dinamiche del reato, ha condannato a 5 anni di reclusione (rispetto ai 14 anni decisi in Assise) il militare di carriera Antonio Ciontoli, che avrebbe materialmente sparato, e confermato i 3 anni, inflitti in primo grado sempre per ipotesi colposa, a carico della moglie Maria Pezzillo e dei figli Martina, fidanzata di Marco Vannini, e Federico.

Siamo ancora un’altra volta davanti ad un ribasso delle pene, come se il fatto quasi quasi "non sussisteva" o è stato commesso, come hanno ritenuto i giudici, in modo involontario. Tornando però a riesaminare i fatti, essi stessi ci ribadiscono che se Ciontoli avessero soccorso il ragazzo subito dicendo la verità, Marco Vannini si sarebbe sicuramente salvato. Un’altra volta amici, un caso così clamoroso di sentenze scandalose e molto discutibili ci colpisce per l’inadeguatezza e la sproporzionalità della pena in relazione al reato contestato, come se si vuole attraverso quest’approccio giudiziario a diffondere un’idea della giustizia che non sia deterrente ai crimini ed esempio temibile alle criminalità che operano nel nostro paese. Avevo parlato quando ho reso omaggio al dottor Gratteri Procuratore della Repubblica Catanzaro, così come egli medesimo l’ha definita: di una impellente necessità di riformare le pene e di snellire procedure giudiziarie per fronteggiare in modo adeguato il crimine organizzato. Peccato siamo ben lontani da questa giustizia ideale. Abbiamo tuttavia di fronte a noi un paese da riprendersi e da risanare. Le pene devono sì essere clementi, ma anche dare l’esempio per scongiurare nuovi reati. Alla mamma di marco la nostra solidarietà e l’affetto per la perdita di un figlio tanto amato.

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