J’Accuse del 24 gennaio 2024 sull’assalto ai teatri da parte di Georgia Meloni- Ruolo della cultura in una "NAZIONE"

 

 

 



J’Accuse del 24 gennaio 2024 sull’assalto ai teatri da parte di Georgia Meloni

 




Teatri di Roma

Qual tiranno vi doma?

Se non è l’arroganza…

Vedo in ognuno di voi artisti

La mano che brandisce già…

E l’ombra d’un'ignobile orgia

E dei giorni difficili e tristi

 

Ma siete voi la speranza

Se il vostro genio avanza

Nella palude e le steppe

La cultura è come il vento

Indomabile come il talento

Qual paura v’incute la serpe?

 

Non è questa una velatura?

che oscura ogni letteratura

dove il verbo e la satira

il riso e ogni paragone

ridanno ad Ercole le sue colonne

quando l’illusione si ritira...

 

 In una grande nazione, come direbbe Giorgia, la cultura deve essere lo specchio pluralistico e variopinto della sua civiltà: ove essa è occupata o condizionata dalla politica, ciò vuol dire che in quella nazione la libertà dì pensiero, di critica e d’espressione sono soggette alla censura e ai condizionamenti da parte del potere politico. Ora quando parliamo della nostra Italia e della sua storia culturale e artistica, ci rendiamo conto subito che sono stati la libertà e il genio dei nostri artisti a farci amare e apprezzare nel mondo intero e che un genio senza libertà non può che assomigliare ad un’arte imbavagliata e messa al servizio della partitocrazia. Quest’accusa va non solo a chi oggi piano pianino si sta accaparrando delle nostre istituzioni d’informazione, culturali e teatrali, dalla Rai, ai teatri, agli enti pubblici, ma anche a chi considera tali istituzioni come strumentali alle sue finalità. Quel che osserviamo con rincrescimento da quando c’è questo governo è che si tratta di un’avanzata lenta e decisa per limitare la libertà di satira e d’espressione nel nostro paese. Abbiamo capito bene che le attuali inquiline di Palazzo Chigi non amano né la critica né la satira e men che meno il confronto politico sulle idee. Non ci voleva tanto per capirlo visto le lottizzazioni intervenute in seno alla Rai, per non parlare di Mediaset, altra questione che aveva connotato il conflitto d’interesse e l’utilizzo dell’informazione e della cultura a proprio vantaggio politico.

Mi domando oggi alla luce della nomina del signor Luca De Fusco a Direttore della Fondazione del teatro di Roma: quale finalità politica e culturale sta alla base della sua nomina? Se non sono le progettualità culturali, "distensive" ed educative in ambito teatrale ad essere il motore del rinascimento culturale del nostro paese, qual idea o quale progetto può essere alla base di un’imposizione di un personaggio politico alla Comunità degli attori e degli artisti, se non è solo arroganza e intimidazione? Ovviamente il campo del Teatro è l’arte per eccellenza dove l’immagine e la parola, il canto e la satira s’ergono come fari per illuminare una NAZIONE che si fonda sul pluralismo culturale, sul rispetto dei propri valori costituzionali ed etici, ma il Teatro, che io intendo, rappresenta anche il momento del confronto delle idee valoriali dove il costume di una società, le sue convinzioni e la sua stessa esistenza vengono messi in discussione. Qual idea magica e eccitante darebbe una competizione dei Teatri dove il genio e la parola, come detto, sarebbero il volano del progresso di una società? Se non è il dubbio e il dileggio, la saggezza e la follia a guidare le nostre azioni, qual censura può interferire o condizionare il genio di una comunità degli artisti? Sappiamo bene che le nomine dall’alto sono uno schiaffo al merito e all’arte. Tali questioni relative alla gestione e all’indirizzo culturale che riguardano le nostre istituzioni culturali devono essere tralasciate agli stessi operatori culturali che nella loro autonomia e nella democraticità delle loro scelte troverebbero le giuste soluzioni. Il mio è un monito a chi vuole costruire un sistema iconico fasullo e strumentale, facendo dei teatri e della cultura il suo tappetto per attecchire ogni forma di oppressione e di limitazione della libertà. Non vorrei ricordare il ruolo che avevano svolto, e svolgono, le televisioni di Berlusconi nel diffondere una cultura e un’informazione di parte, nonché nella costruzione d’icone e falsi geni. L’Amechettismo di cui parla la Meloni riguarda in primis la sua parte politica. Vogliamo un paese libero che dia ai suoi giovani pari opportunità di crescita a prescindere dalle loro idee. Attenione: la cultura dell’ignorantissimo è in agguato, come sempre quando le ideologie hanno la meglio…

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