J’Accuse del 20 marzo sulle ipocrisie dei Memorandum d’Intesa tra U.E e paesi della sponda Sud. Meloni e Ursula von der Leyen, una copia insolita

 

J’Accuse del 20 marzo sulle ipocrisie dei Memorandum d’Intesa tra U.E e paesi della sponda Sud. Meloni e Ursula von der Leyen, una copia insolita

 







 

 

Vi ricordate del trattato di Bengasi, ossia il trattato di amicizia e cooperazione” tra Italia e Libia sottoscritto da Berlusconi e Gheddafi il 30 agosto del 2008, ratificato dall'Italia il 6 febbraio del 2009? Erano i tempi d’oro di Berlusconi e della Guida della Rivoluzione libica Moammar Gheddafi.  Quell’accordo aveva la stessa filosofia di fondo di questi Memorandum d’Intesa che di volta in volta vengono stipulati oggi con i paesi della riva Sud del mediterraneo, da questa generazione di statisti europei. Allora si criticò l’Accordo di Bengasi, anche dalla povera Sinistra italiana, sempre pronta ad alzare la bandiera dei diritti umani in modo strumentale, perché si diceva che fu fatto con un dittatore sanguinario. Ma era Gheddafi, il rimpianto ora dal suo popolo, dopo la sua occupazione da parte degli amici della Nato. Il governo di Roma di allora fu costretto a riconoscere e a risarcire i crimini di guerra perpetrati durante il periodo coloniale contro il popolo libico. Al meno quello riuscì a strappare il colonello ai suoi interlocutori italiani, si borbottava allora.  Questo trattato suscitò il disaccordo e l’invidia dei francesi e inglesi che vedevano male il riavvicinamento italo-libico e l’espansione delle aziende italiane verso l’Africa.  Fu allora che la Merkel e l’ex Presidente francese Sarkozy (e le cupole segrete…) cominciarono a tramare contro l’Italia mandando a casa Berlusconi, con il rialzo dello spread. Quanto al povero Gheddafi i suoi giorni divennero contati, perché qualcuno decise all’improvviso di mettere contro di lui le tribù libiche e i mercenari venuti da mezzo mondo. Quest’opera di distruzione terminò nell’ottobre 2011 con la cattura e l’uccisone del colonello da parte dei ribelli assoldati dalla Nato.

Oggigiorno, a diversità dell’Accordo di Bengasi, gli accordi per fermare i migranti e i profughi, si fanno nella cornice europea con la presenza dell’ Ursula, Presidente della Commissione europea e dei rappresentanti dell’U.E. Ma sono accordi buoni per i paesi Sud del Mediterraneo? La loro retorica è ben affascinante: si parla di stabilità politica, Dialogo politico, d’investimenti economici (senza alludere che avrebbero favorito le aziende europee, di sviluppo sostenibile, di difesa dell’ambiente e dei diritti umani e della sicurezza alimentare e idrica nel caso egiziano. Insomma niente male per l’osservatore imparziale. L’incantesimo è assicurato! Ma possiamo credere che l’Europa nell’anno del signore 2024 si sia convertita alla beneficienza, alla carità e al dialogo politico al fine di risollevare le sorti dell’Africa e del mondo arabo?

L’accordo con il Cairo è una vera e propria farsa. E’ una pietra miliare dell’ipocrisia e dello scherno dei popoli. Se da un lato gli europei attaccano Putin e lo accusano di manipolare le elezioni e di opprimere il popolo russo e ucraino, dall’altro si muovono a sud per contendersi mercati e dittatori che servano i loro interessi, usando il metodo del bastone e della carota. Il generale Sisi che veste oggi abiti civili ha ucciso più oppositori e civili egiziani di quanto ne ha uccisi Putin. Eppure non conta soffermarsi sul personaggio, ma contano gli obiettivi da raggiungere, vale a dire il blocco dell’emigrazione clandestina, questa calca di orde selvagge secondo i populisti europei, oggi neofascisti, che vuole snaturare e cancellare la civiltà europea. Nemmeno tutte le marine europee messe insieme possono fermare gli affamati e i fuggiaschi dalle miserie e dalle guerre in questi tempi di sconvolgimenti politici, climatici e bellici. Ma se da un lato a nord, dopo lo scoppio della guerra d’Ucraina, gli europei hanno acconsentito all’accoglienza degli ucraini e sono stati milioni, per una guerra che l’Europa vuole e finanzia, e perché magari gli ucraini sono cristiani e bianchi, dall’altra si vuole chiudere ogni breccia: no ai disperati da noi, anche quando fuggono dalle calamità e dalle guerre e, per assurdo, anche quando le nostre stesse economie li richiedono. Insomma, stringere la mano ai dittatori che non dicono nulla sulle prevaricazioni e sulle violazioni dei diritti umani dei loro propri “palestinesi”, è un chiaro riconoscimento politico delle dittature fatto da chi si è autoeletto come valutatore delle democrazie altrui.

Ma, alla fine, nessuno può assurgere a depositario del diritto o a difensore della democrazia se non dà per primo l’esempio difendendola e schierandosi apertamente contro chi aveva calpestato e calpesta i diritti umani e i diritti inalienabili dell’uomo. Questa farsa è una commedia che durerà finché i popoli non rovescino i loro carnefici. L’uso dei due pesi e delle due misure anche nell’approccio con i dittatori amici e nemici la dice lunga sul machiavellismo adottato. L’abbiamo visto nella triste vicenda libica la grande contraddizione dell’Unione europea quando si tratta di interessi confliggenti ed eliminazione dei potenziali concorrenti a livello regionale. La vicenda della guerra ucraina ha svelato ancora questo volto inquietante che non riesce a domare, ossia a dissipare le sue zone d’ombra e la sua stessa natura innata a sottomettere e sfruttare gli altri. Peccato che non s’impara mai dalla storia.  

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