J’Accuse di domenica febbraio 2022 sulla morte accidentale del bambino Ryan: dolore e allegorie

J’Accuse di domenica febbraio 2022 sulla morte accidentale del bambino Ryan: dolore e allegorie

 


Non dobbiamo cadere nei truci pozzi delle nostre azioni.
Hamid Misk

Se esistesse il destino e tutto ciò che succede nelle nostre vite, fissato sin dalle nostre nascite, vorremmo oggi chiedere al suo autore, vale a dire il padreterno, al meno per quanto concerne il doloroso epilogo della breve vita di Ryan, una sua riscrittura in senso felice e miracoloso, concedendo a questo bambino marocchino, caduto accidentalmente in un pozzo in uno sperduto villaggio montagnoso nel nord del Marocco, l’opportunità di vivere e di godere delle gioie della vita. Purtroppo non è stato così. Le autorità e il paese intero, persino la comunità internazionale, che si erano mobilitati sin dalle prime ore della sua caduta, non sono stati in grado con tutti gli sforzi immani compiuti giorno e notte, per salvarlo dalla morte.  
La morte di Ryan, tuttavia, c’insegna tante cose: davanti alla mobilitazione dello stato e all’attenzione della gente venuta da ogni dove, dai villaggi vicini e dalle città, eravamo increduli e commossi. Tutti, senza eccezioni. I giornali e le principali televisioni estere aprivano le loro notizie con lo sviluppo degli scavi che conducono a Ryan. Un bambino caduto in un pozzo profondo 32 metri, grida al mondo intero il suo dolore e suppliche per salvarlo. La struttura geologica del terreno, costituito da rocce calcaee, ha ostacolato l’arrivo al bambino e ci sono voluti ben 5 giorni per raggiungerlo sebbene o sforzo degli addetti al salvataggio è stato sovrumano e lodevole. Un pompiere che non voleva mollare ha scavato in continuazione per ben 22 ore. La volontà di questi uomini accorsi nel villaggio di Ryan era più forte delle rocce di calcare che li separavano dal bambino. Ma quando lo raggiunsero, per un attimo s’ebbe la sensazione che Ryan fosse vivo. In verità, egli lo era. La sua gioia era immensa nel vedere l’umanità unita attorno a lui. La storia del pozzo e quella di Ryan si sono intrecciati per ridare al mondo intero quell’innocenza, al meno in modo effimero, per qualche giorno, perduta negli egoismi, nelle speculazioni, negli odi, negli scontri e nell’indifferenza che è la fonte di tutte le tragedie. Ryan non è morto in vano, piccolo missionario dell’amore e dell’innocenza, ci ricorda che la vita è sacra e che dobbiamo ritornare a rispettarla e a coltivare i pascoli dell’amore e della fratellanza a quest’umanità lacerata da tanti mali. Dobbiamo amare e proteggere i nostri bambini e insegnarli che sono loro i depositari di questi grandi valori che elevano gli uomini e le nazioni. Le condoglianze di J’accuse alla famiglia del bambino e al popolo marocchino. Che tu viva in eterno nei nostri cuori come una fiamma eterna.


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