J’Accuse sulla morte e la figura politica e istituzionale del presidente Napoletano

 

J’Accuse sulla morte e la figura politica e istituzionale del presidente Napoletano

 

 




Eminente notabile dell’ex partito comunista italiano, uomo del trasformismo e di tutte le stagioni. La sua scala da presidente della Camera a presidente della repubblica è veloce. Si direbbe che abbia la fortuna dell’uomo giusto al momento giusto. Ma che dire? Napoletano ci lascia dopo aver trascorso la sua vita nelle istituzioni repubblicane italiane ora all’opposizione e ora al governo. In quei partiti politici che sono “necessari” per esercitare la democrazia; questi stessi partiti sono dei veri e propri nidi dove il potere politico si crogiola a piacimento di chi lo ha già esercitato e sta dentro le istituzioni, sicché la partecipazione degli altri soggetti desiderosi d’entrare nell’arena politica diventa quasi impossibile o perlomeno dovrebbe essere mediata e favorita da chi seleziona le classi dirigenti e decide le sorti del paese nel bene e nel male. Questo discorso della rappresentatività e della partecipazione alla vita democratica ha una sua valenza politica nel momento in cui osserviamo con rammarico che la vita politica in questo paese è appannaggio[SM1]  delle sole caste e di coloro che hanno bisogno di celebrare eroi e figure insignificanti e ininfluenti nel destino della nostra nazione.  Della vita politica del presidente Napoletano affiora quel periodo del complotto europeo, franco-tedesco, contro l’Italia. Lo dico perché oramai è accertato anche a livello documentale e storico: la cacciata di Berlusconi da presidente del Consiglio con la leva dello spread e il conseguente attacco contro la Libia di Gheddafi. Molti paesi, e non le cancellerie occidentali che l’hanno decisa, la considerano una vera e propria aggressione contro il popolo libico. La dissoluzione dello stato libico è fonte fino ad oggi di immani carneficine e tragedie interne e internazionali. La Francia di Sarkozy se ne assumerà la responsabilità storica ma un ruolo lo ebbe anche l’Italia nell’aver avallato l’utilizzo delle nostre basi militari. Ricordo che Napoletano, si diceva nei corridoi, fu lui a controfirmare, ma che poteva fare da solo? Certo vale anche per il teorema il teorema di Sigonella. Craxi, a suo tempo, ebbe il coraggio di dire no agli americani quando gli chiesero di consegnarli  Abou Abbas, uomo politico e combattente palestinese, atterrato in Italia, per una questione di principio e di rispetto della sovranità degli interessi strategici di Roma. Quello è un esempio per come va interpretata nei momenti decisivi la nostra politica estera: non dobbiamo chinarci davanti a nessuno. L’Italia ha perso molto nel crollo del "regime di Gheddafi", con cui tutti facevano e volevano fare gli affari, direi è stato un grande tradimento di quell’alleanza costruita in anni di trattative e di dialogo costruttivo e nel rispetto delle diversità politiche e storiche di quella Libia oggi tanto rimpianta.


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