J’accuse i mondiali di Calcio del Qatar: uno specchio dei mutamenti internazionali tra invidie e ribaltamenti

 


J’accuse i mondiali di Calcio del Qatar: uno specchio dei mutamenti internazionali tra invidie e ribaltamenti

 


J’accuse i mondiali di Calcio del Qatar: uno specchio dei mutamenti internazionali tra invidie e ribaltamenti

 

Durante la Cerimonia dei mondiali di calcio del Qatar è comparso l’attore Morgan Freeman. Non a caso egli fu scelto per recitare un breve dialogo con un altro personaggio qatariota non meno noto, ma altrettanto fortunato. Il dialogo si è svolto tra i due in un’atmosfera surreale: il gigante che rispetta la disabilità del suo interlocutore, quasi quasi a calare e a chinarsi fino alla sua altezza per sentirsi uguale a lui e per dargli ascolto e considerazione. Nel contempo l’altro, il diverso, che non si arrende alla sua diversità, per non dire disabilità, e che cerca ad interloquire dando rilievo a quella dimensione che deve essere rivalutata e che soprattutto , e questo è il sunto del dialogo, ha il diritto dovere di vivere, convivere con le diversità e godere dei propri diritti, senza discriminazioni, in un mondo in continuo mutamento, assediato dai pericoli e dagli estremismi d’ogni matrice. I questo contesto s’apre il mondiale qatariota con le danze e e i canti per un mondo migliore, in quello stadio che prende il nome di Bayt ossia la Casa, la tenda che si spande, si colora ed evolve come una duna magica nel deserto. Il Qatar ha strabiliato il mondo intero con la sua organizzazione e con il suo stile e il messaggio inconfondibili: si può e si deve stare insieme nella pace e nella collaborazione tra le nazioni per un mondo migliore. Non mancano però i detrattori. Direi gli invidiosi che pur sollevando critiche e osservazioni pertinenti che riguardano il rispetto delle minoranze, i civili e quelli dei lavoratori migranti nel paese, dimenticano che persino nei loro paesi d’origine ci sono le ingiustizie, lo sfruttamento dei lavoratori e le violazioni dei diritti. Torniamo alla metafora del cammello: " egli guarda solo la gobba degli altri e non la sua". La verità è semplice: Uno stato come il Qatar ha una sua storia e un approccio alla democrazia che non può assolutamente equiparato a quelli dei paesi europei. Tenendo presente i progressi fatti e il tenore di vita del paese, il suo impegno politico e umanitario, gli erri, ovviamente fatti nel passato, che non è la sede d’affrontare, rimane un modello ambito per i paesi di quella ricchissima regione. Un’evoluzione simile a quell’occidentale non può avvenire e lo sappiamo i perché. Il Mondiale ha rappresenta e rappresenta un volano di progresso e di mutamento e direi alla fine anche di ribaltamento dei ranking internazionali visti alcuni risultati sul piano calcistico. Le vittoria dell’Arabia Saudita contro L’Argentina e quella del Marocco contro il Belgio la dicono chiaramente sul fatto che il calcio non ha una patria propria, che il riscatto delle nazioni, quando esse lo vogliano è possibile e che, infine, al pari del football, la democrazia non ha una patria di riferimento, ma è una scuola che deve rimanere aperta agli insegnamenti e soprattutto all’idea maestra che nessun gigante deve sentirsi superiore a quelli diversi da lui, ma deve abbassarsi a loro per darli ascolto e considerazione, sentire le loro lamentele, le loro emozioni e le loro speranze, esattamente come ha fatto l’attore Freeman con il personaggio qatariota: una grande prova d’umiltà e d’amore al mondo intero. 

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